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venerdì 9 gennaio 2015

DOSSIER: la NEVE sulle montagne italiane

Un'analisi a cura dell'Aineva, adattamento di Alessio Grosso.

Nel territorio italiano, la distribuzione della neve è estremamente variegata ed irregolare; in generale però, sia la quantità media stagionale o annuale di neve fresca caduta, sia la frequenza del fenomeno, sia la permanenza della neve al suolo aumentano in funzione della quota, della latitudine, e dal versante di appartenenza del sito mentre altri parametri come la distanza dal mare giocano un ruolo spesso diametralmente opposto.
Pertanto, la nevosità più elevata si registra sulle Alpi e sulle Prealpi, quindi sui rilievi più elevati dell'Appennino centro-settentrionale mentre al sud e sulle isole oltre che in generale sulle coste il fenomeno è meno significativo e di minore impatto sociale. In effetti, esaminando la nevosità delle due maggiori catene montuose italiane, si osserva che il fenomeno è funzione diretta della quota ma ancor più dell'esposizione del singolo gruppo montuoso rispetto alle umide correnti mediterranee e balcanico-danubiane, foriere delle precipitazioni generalmente più abbondanti.

In tal senso sui massicci più vicini alle coste - ed in particolare sulla catena prealpina e sulla dorsale appenninica centro-settentrionale - si osservano generalmente nevicate a prevalente componente orografica, più abbondanti e frequenti che nelle aree più interne; nel dominio alpino, poi, i cumuli tornano ad essere rilevanti in prossimità delle linee spartiacque principali, interessate anche da flussi perturbati provenienti dal 1° e dal 4° quadrante, dove, oltretutto si osservano i rilievi mediamente più elevati.

In sostanza dunque, le aree dove si hanno leprecipitazioni nevose medie più abbondanti sono quelle del dominio prealpino compreso tra il Biellese, le Prealpi Orobie e le Prealpi Giulie e le testate delle principali valli alpine aperte verso sud come la Val d'Ossola (VB), la valle Spluga (SO), le Valli Mesolcina e Leventina, situate politicamente in Svizzera nel Canton Ticino e la Valle del Fella (UD).

Tuttavia, mentre nelle aree prealpine, la quota media relativamente modesta e le frequenti avvezioni di aria mediterranea favoriscono una accelerata ablazione del manto nevoso sin dall'inizio della primavera cosicché la permanenza della neve al suolo risulta essere relativamente breve - nelle seconde, invece, la neve, in virtù della notevole continentalità termica, rimane al suolo per un periodo molto prolungato.

Nella catena appenninica, una nevosità molto elevata si registra in generale su tutto il versante adriatico, ed in particolare nel dominio emiliano ed in quello dei grandi massicci abruzzesi-marchigiani- tra i Monti Sibillini ed i Monti del Matese - dove, ad un'elevata frequenza dei giorni nevosi corrispondono quantitativi medi particolarmente abbondanti; ivi si registrano inoltre i valori estremi in 24 ore più elevati dell'intera penisola.

Anche in queste ultime aree tuttavia dopoabbondanti nevicate si instaura spesso un flusso di correnti temperate di origine mediterranea che favorisce una rapida ablazione del manto nevoso. È poi estremamente evidente come l'orografia determini un'infinità di situazioni microclimatiche tali da rendere difficilmente comprensibile l'andamento spaziale del fenomeno, già all'interno di un singolo massiccio montuoso esposto a differenti masse d’aria (es. massiccio del Sella nelle Dolomiti centrali, catena dei Sibillini nell'Appennino marchigiano).

In generale comunque, si può affermare che alla quota media di 1500 metri cadono stagionalmente dai 120 ai 200 cm sulle Alpi occidentali (vale a dire tra le Alpi Liguri e le Alpi Pennine), dai 130 ai 300 cm sulla Alpi centrali (tra le Alpi Lepontine e quelle Venoste) e dai 70 ai 190 cm nelle Alpi Tridentine, a causa della maggiore continentalità pluvio-termica (FLIRI , 1975) .

A tale regola fa eccezione il settore friulano (Alpi Carniche e Giulie) caratterizzato da precipitazioni nevose estremamente elevate, nonostante la minore altitudine media dei rilievi. Nella catena appenninica, alla stessa quota, i valori sono molto simili a quelli alpini, almeno nei dominio centro-settentrionali; in generale nell'Appennino settentrionale cadono tra 120 e 260 cm mentre in quello centrale, sino alla catena del Matese, i valori sono mediamente i più elevati dell'intera penisola, essendo compresi tra 140 e 310 cm; infine, nel dominio meridionale ed insulare, cadono 100 - 240 cm di neve fresca.

È comunque evidente come vi siano forti scarti tra annate consecutive: tale fenomeno risulta essere sempre più frequente nelle ultime stagioni invernali, specie nell'area alpina dove si osservano periodi di prolungata siccità invernale mentre in quella appenninica i fenomeni di nevicate intense ed abbondanti tendono a divenire sempre più frequenti.

In tal senso, numerosi sono gli studi che dimostrano la notevole variabilità del fenomeno, inteso sia come variazioni dei quantitativi che della frequenza di giorni nevosi, a tal punto che questa irregolarità del fenomeno determina cambiamenti nei regimi nivometrici anche a brevi distanze.

A causa di una significativa dismissione di stazioni di rilevamento nivometrico verificatasi negli ultimi 20 anni derivante principalmente dallo spopolamento dei villaggi montani e dal conseguente smantellamento della rete di osservazione dell'ex Ufficio idrografico e mareografico - occorre ricorrere a studi piuttosto remoti al fine di comprendere l'effettiva distribuzione spazio-altitudinale del fenomeno, specie nell'Italia peninsulare ed insulare.

Da alcune analisi effettuate dal MENNELLA (1979) si evince che, a quote simili, la nevosità appare rilevante nelle formazioni montane delle Alpi e del crinale e del versante Padano dell'Appennino ligure ed emiliano. In queste ultime la frequenza e l'abbondanza della neve è addirittura maggiore che sulle aree alpine, a causa dell'esposizione sia ai fronti perturbati di origine balcanica che a quelli più temperati di origine sciroccale. 
Molto rilevante è la nevosità nell'Appennino centrale, ove i valori più elevati si raggiungono nella parte meridionale delle Marche, in tutto il versante adriatico dell'Abruzzo (Gran Sasso, Maiella) nella catena molisana del Matese e nel gruppo montuoso del Pollino (tra Lucania meridionale e Calabria settentrionale). La fascia pedemontana adriatica è decisamente più nevosa di quella tirrenica, a causa della notevole continentalità termica, nonostante i rilievi di bassa montagna del versante tirrenico siano notevolmente più piovosi grazie all'esposizione alle correnti umide di origine atlantica e mediterranea.
La nevosità risulta pertanto essere molto ridotta nella Liguria tirrenica e nella Toscana, appena più elevata nell'Umbria, estremamente limitata nel dominio tirrenico che va dalla Tuscia sino alla Campania meridionale (ad eccezione dei massicci dei monti Ernici e Simbruini e nell'Irpinia) oltre che nelle Murge pugliesi e nel Gargano, mentre riprende di significatività nei massicci calabro-lucani (Sirino, Sila, Aspromonte) oltre che, localmente, nelle porzioni sommitali dei maggiori rilievi insulari (Etna, Madonie, Nebrodi e Gennargentu).

Relativamente ai valori inerenti l'altezza massima della neve caduta in 24 ore - occorre sottolineare che i valori in assoluto più elevati vengono registrati nell'Appennino abruzzese-molisano ed in quello campano, con il record di Capracottacon un cumulo giornaliero di 150 cm. In realtà però, da effettuazioni di misure ufficiali, anche se non disponibili negli annali idrologici, nella località di Roccacaramanico (Alta Valle d'Orta - massiccio della Maiella-Morrone) il 15 gennaio 1951 si misurarono ben 181 cm di neve, record assoluto per l'intero territorio nazionale. 
Nell'Appennino irpino invece, al santuario di Montevergine, immediatamente sopra la città di Avellino, ad una quota di poco superiore ai 1200 metri, sono caduti sino a 145 cm in 24 ore.Cumuli superiori ai 100 cm si registrano con relativa frequenza, oltre che nelle appena citate località, anche nei siti di Campitello Matese, Castiglione Messer Marino e Passo San Leonardo, tutte ubicate nell'Appennino abruzzese-molisano a quote comprese tra 1200 e 1500 metri.

A tali quote nell'area alpina i quantitativi massimi non superano generalmente i 90 cm nelle 24 ore.Per rilevare quantitativi simili occorre salire oltre i 2000 metri quota dell'optimum nivometrico. In tal senso i massimi valori registrati sono di 160 cm circa a Passo Falzarego (BL) 2107 m, e 140 cm circa di a Passo Spluga (SO). Valori simili, oltretutto spesso ricorrenti, si osservano nell'area del Canin (UD) e di Falcade (BL). 

Questa sorprendente peculiarità è chiaramente derivante dal regime nivometrico mediterraneo delle montagne abruzzesi; durante il periodo più freddo - vale a dire tra l'inizio di dicembre e la fine di febbraio - nell'area appenninica centro-meridionale esiste una notevole disponibilità di vapore acqueo proveniente dai vicini mari che presentano temperature superficiali molto elevate. A livello nazionale inoltre, tutti i siti interessati da notevole nevosità debbono tale caratteristica anche alle conformazione orografiche delle rispettive valli, aperte alle correnti nord-orientali in Appennino e a quelle meridionali nel dominio alpino con relative situazione di convergenza, sollevamento e successivo stau orografico.

Ai distretti montani della Maiella e del Gran Sasso spetta anche il primato delle maggiori altezze della neve fresca cumulate durante mesi notoriamente eccezionali (febbraio 1929, gennaio 1956 e 1963). In quest'ultimo caso i valori più abbondanti si registrarono addirittura nell'Appennino calabrese (Camigliatello Silano 235 cm, Trepidò 241 cm) e sui Nebrodi messinesi (Floresta 349 cm).

I giorni con caduta apprezzabile di neve variano meno sensibilmente rispetto ai valori inerenti i quantitativi, in virtù del fatto che comunque le condizioni sinottiche a meso-scala determinano fenomeni, pur se di differente intensità, anche in aree aventi particolari condizioni microclimatiche. In ultima analisi, riferendosi alla frequenza delle precipitazioni nevose è possibile tracciare un quadro sintetico e largamente indicativo relativamente alla frequenza del fenomeno per alcune aree climatologiche riconosciute come omogenee.

Analisi della nevosità - Relativamente alla ripartizione mensile delle nevicate si nota come essa sia estremamente diversificata e significativamente relazionabile con la distribuzione meteorica mensile e con le temperature medie mensili. In tutte le aree pianeggianti del nord e nelle valli alpine ed appenniniche a quote inferiori ai 1000 - 1300 metri, le nevicate sono più frequenti ed abbondanti in gennaio o in febbraio per decrescere abbastanza rapidamente in autunno ed in primavera. A quote lievemente superiori - ovverosia tra i 1300 ed i 1600 metri circa - prevale un regime equilibrato, caratterizzato da apporti nevosi equivalenti nei tre mesi invernali.

Tra i 1500 ed i 2000 m il regime diviene bimodale con autunno e primavera piuttosto nevosi inframmezzati da un calo anche notevole dei fenomeni in gennaio e febbraio.Oltre i 2000 m si osserva un irregolare crescendo delle nevicate dall'autunno sino alla primavera, stagione che risulta essere particolarmente nevosa in virtù della ripresa delle precipitazioni dopo il minimo invernale pur con temperature sufficientemente basse. Occorre comunque sottolineare che tali limiti altimetrici variano sensibilmente anche a brevi distanze; essi risultano generalmente un poco più bassi nelle valli più interne e nelle Alpi tridentine in virtù della maggiore continentalità. Nella catena appenninica prevalgono quasi ovunque il regime unimodale invernale e quello equilibrato sino ai 1800 m; oltre tale quota si passa ad un regime bimodale primaverile.
Ulteriori osservazioni importanti: relativamente all'altezza della neve fresca si evince che nell'area alpina i quantitativi aumentano di circa 17 cm/100 metri di quota mentre nell'Appennino tale aumento si attesta intorno ai 14 cm/100 metri. Non si osservano invece differenze notevoli nel numero dei giorni con precipitazioni nevose.

Relativamente alle tendenze più che ventennali del fenomeno, è evidente un differente tipo di segnale tra il dominio alpino-padano - nel quale si assiste ad un calo generalizzato dei totali annui o stagionali spesso significativo e confermato da numerosi studi effettuati a scala regionale e in quello appenninico - ove si registrano situazioni discordanti con cali anche sensibili della nevosità nelle aree insulari e nel settore settentrionale adriatico, comprese le aree pedappenniniche e pianeggianti, ai quali si contrappongono segnali poco significativi nell'Appennino centrale ed aumenti locali come nell'area calabrese o generalizzati come nel dominio molisano-irpino-lucano.

Occorre però ricordare nuovamente che nelle ultime stagioni, caratterizzate da una sensibile variabilità sinottica, si osserva una consistente ripresa dei fenomeni specie nel settore appenninico centrale in inverno e nell'arco alpino orientale in primavera.

Il numero di giorni con permanenza della neve al suolo mostra un generale calo, più evidente alle quote più elevate e proporzionalmente più elevato rispetto al calo della nevosità per cui è facile ipotizzare un legame con il comprovato aumento delle temperature medie, ed in particolare di quelle primaverili sul settore alpino, specie in quello orientale. •

La frequenza delle precipitazioni nevose varia dunque da luogo a luogo, prevalentemente in relazione alla differente situazione dell'ambiente fisico intorno a ciascun sito di rilevamento (presenza di rilievi più o meno elevati, esposizione, ampiezza e direzione media delle valli ecc). La notevole estensione latitudinale della penisola unita ad una morfologia quanto mai irregolare e alla presenza della catena montuosa alpina ed appenninica nonché di locali rilievi a breve distanza da mari con opposte caratteristiche - come l'Adriatico più continentale ed il Tirreno più oceanico- determinano, dunque, una caratterizzazione quanto mai variegata delle condizioni di innevamento medie.

Si passa da aree come i litorali generalmente ubicati al di sotto della linea ipotetico-convenzionale Roma - Termoli (CB) in cui il fenomeno è quantificabile in 3-4 giorni per decennio alle aree sommitali delle Alpi valdostane dove si contano oltre 75 giorni di neve all'anno.
Fonte: meteolive

domenica 9 marzo 2014

Straordinario inverno alpino si avvicina a quelli alpini giapponesi. FOTO DA NON PERDERE

L’inverno alpino italiano sarà ricordato (per ora) come il più nevoso  dal 1951 ad oggi. Le altezze della neve attualmente raggiunge iniziano ad esser tali, che i mass media mondiali ne parlano, affiancando le foto delle Alpi a quelle dei monti, assai più nevosi, del nord del Giappone. Vediamo il confronto.
Da inizio stagione, a quota di circa 2000 metri, nelle Alpi italiane sono caduti ad oggi punte di 10 metri. Abbiamo parlato in alcuni articoli di Freddofili.it di 8,5 metri circa scesi in località come Madesimo (Lombardia), mentre le misurazioni ufficiali di neve al suolo indicano dei valori di neve che con il tempo ha cambiato struttura, perciò i numeri che abbiamo descritto risultano spesso quasi dimezzati specie alle quote inferiori.
Ma in Giappone quando avviene in Italia è la norma. Le le isole settentrionali sono costantemente battute da gelidi venti che vengono dalla Siberia, che si caricano di umidità sul mare e che fanno di queste zone tra le più nevose al Mondo, con circa 17/20 metri di neve caduta media all’anno. Qui, in alcuni anni particolarmente nevosi, al suolo si sono misurati valori di 17/19 metri (Alpi Giapponesi, zona di Nagano e Nisekoand).
Negli USA (ovest), la zona del Mt. Washington accumula nella zona di  Tuckerman Ravine accumuli da capogiro, con punte di 24 metri di neve al suolo.
I valori nostrani per cui ci siamo entusiasmati tanti nel raccontarveli, fanno sorridere. Invece i mass media europei prima, poi quelli americani iniziano a parlarne ed a mostrare le nostre località alpine coperte di metri di neve.
Insomma, in un inverno non inverno per gran parte degli italiani (ed europei), andiamo alla ribalta per la straordinaria caduta di neve nelle nostre montagne, e se teniamo in conto che i prossimi 60 giorni sono nella media molto nevosi, i valori potranno aumentare e forse battere quelli toccati nel 1951. Lo straordinario inverno alpino si avvicina ormai a quelli alpini giapponesi, con la differenza che da noi nevica così tanto ogni 60 anni, da loro ogni inverno.
La foto che vi mostriamo non è stata ancora pubblicata in Italia, e mostra ciò che si vede a fine stagione della neve sulle Alpi giapponesi.
Fonte: meteogiornale

venerdì 7 marzo 2014

FOTO INCREDIBILI!!! Neve da record sulle Alpi, continuano le valanghe: tragedia in Valle Susa, un morto

Tragedia della montagna in alta Valle di Susa. Uno scialpinista francese e’ morto travolto da una valanga alle pendici dello Chaberton. Illesa la compagna, che ha dato l’allarme e ha iniziato le ricerche con l’Arva, di cui erano dotati. L’intervento del soccorso alpino e del 118, che si trovavano nella zona per un altro intervento, e’ stato immediato. L’uomo, in arresto cardiaco e in grave ipotermia, e’ stato rianimato sul posto e trasportato all’ospedale Cto di Torino, dove e’ morto poco dopo l’arrivo. L’incidente nella tarda mattinata di oggi – giornata a rischio secondo il bollettino dell’Arpa – nel vallone Pra Claud, a circa 2.400 metri di quota, nel territorio di Fenils, frazione di Cesana.
securedownload (8)I carabinieri indagano sulle cause della slavina, con un fronte di circa cento metri, ma e’ probabile che a provocarla sia stato lo stesso francese, 35 anni. Il rialzo delle temperature - oggi si e’ registrata una massima di 21,3 gradi – dopo le abbondanti nevicate dello scorso weekend, ha portato il rischio valanghe in Piemonte al grado 4 (forte). Anche il passaggio di un singolo sciatore puo’ provocare il distacco di masse di neve. Quella di oggi e’ la quinta vittima di valanghe, in Piemonte, dall’inizio della stagione invernale. Una lunga scia di sangue, iniziata lo scorso 26 dicembre a Bardonecchia con la morte di uno sciatore francese a Les Arnaud. Tre giorni dopo, a Claviere, una valanga ha travolto e ucciso un quindicenne. In Val d’Ossola, nel Verbano, il 5 gennaio e’ invece morto uno snowboarder, mentre il 21 gennaio a Ceresole Reale, sulle montagne di Torino, ha perso la vita un operaio: era al lavoro su un gatto delle nevi che si e’ ribaltato dopo essere stato travolto da una valanga. Il rischio e’ molto forte sulle Alpi Lepontine e Pennine e forte su quelle Graie, Marittime e Liguri. A scopo precauzionale, nei giorni scorsi, nel comprensorio sciistico della Vialattea sono rimasti chiusi alcuni impianti. Tra questi le sciovie Motta, Moncrons, Tuassieres, Rio Nero Sansicario e Col Suarel, non distante dal luogo in cui oggi si e’ verificata la tragedia. Il soccorso alpino invita alla prudenza e raccomanda l’utilizzo dell’Arva.
A corredo dell’articolo alcune foto odierne dalla zona di Artavaggio, Cima Piazzo e Cima Sodadura, in provincia di Lecco, che testimoniano l’eccezionalità del manto nevoso presente sulle Alpi:
Fonte: meteoweb

mercoledì 5 marzo 2014

Ricordate il Canyon di neve? Nuove spettacolari immagini dal Giappone!

In Giappone sicuramente ci tengono a tenere libere le strade dalla neve in inverno.

Ne avevamo già parlato qualche settimana fa raccontandovi cosa succede a volte nella prefettura di Toyama

Incredibile! Il Canyon della Neve!






Ora ecco queste nuove meravigliose immagini che ci mostrano persone e veicoli camminare all'interno di un canyon di neve con pareti alte fino a 15 metri!

Ci troviamo sulla superstrada tra Bijodaira e Murodo in TateyamaLa proverbiale operosità ed efficienza giapponese si manifesta anche in queste forme. Lo sgombero delle strade dopo le nevicate è sempre tempestivo ed il risultato sono queste affascinanti mura di neve che ci fanno calare per qualche minuto in un'atmosfera quasi extraterrestre.

Sulla famosissima Kurobe-Alpine-Route scenari di questo genere si possono trovare quasi ogni anno. Questi incredibili itinerari sono comunque ben organizzati e possono essere percorsi anche a piedi o su mezzi suggestivi quali funicolari e piccoli bus locali.







(fonte: youtube)

domenica 16 febbraio 2014

Giro webcam neve: gli scatti del giorno

La giornata odierna ha visto un generale miglioramento del tempo grazie ai venti più secchi di maestrale che hanno spazzato via tutta la nuvolosità della vecchia perturbazione. Al Nord il miglioramento è stato solo di passaggio, poichè dalle prossime ore una nuova perturbazione tornerà a coprire i cieli portando nuove precipitazioni, che tuttavia risulteranno generalmente deboli. Al Centro-Sud invece il sole reggerà per buona parte del week-end e, complici i miti venti sciroccali in rinforzo, le temperature torneranno a salire raggiungendo punte frequenti superiori ai 20°C al Sud e sulle Isole.
Dopo le abbondanti nevicate dei giorni scorsi sulle Alpi è tornato a splendere il sole, regalando immagini davvero suggestive dalla maggior parte delle webcam. Di seguito abbiamo selezionato alcuni scatti della giornata. 
castelluccio


Ovindoli
Partiamo dall’Appennino centrale, dove la neve ricopre spessori considerevoli solo a quote elevate. Sopra le immagini provenienti da Castelluccio di Norcia (PG) e Ovindoli (AQ).
Passiamo ora all’arco Alpino, catena montuosa che in questo periodo regala panorami mozzafiato grazie agli accumuli eccezionali raggiunti quest’anno.

Fraciscio (SO)
Fraciscio (SO)
Rifugio Malghera (SO) - 1954 m slm
Rifugio Malghera (SO) – 1954 m slm

Cartolina da Livigno (SO) - 1816 m slm
Cartolina da Livigno (SO) – 1816 m slm

Campogrosso (VI) - 1450 m slm
Campogrosso (VI) – 1450 m slm

Borca di Cadore (BL) - 1917
Borca di Cadore (BL) – 1917

Tarvisio (UD) - 1789 m slm
Tarvisio (UD) – 1789 m slm
Fonte: meteoindiretta

sabato 15 febbraio 2014

venerdì 14 febbraio 2014

Da Bedretto a Peccia, inizia a preoccupare la neve sui tetti!

Ad Airolo quintali di neve depositati sulla pensillina della stazione sono stati spazzati da circa 30 operai che sono dovuti intervenire per evitare incidenti.
Per affrontare l'emergenza causata dalla presenza di tanti metri  di neve sui tetti, i volontari dei Vigili del Fuoco si sono occupati di alcune costruzioni a rischio di cedimento. Infatti già diverse tettoie sono crollate negli scorsi giorni a causa delle abbondanti nevicate. A Bedretto, comune svizzero del Canton Ticino,  gli operai dellla Protezione Civile grazie ad un apposito apparecchio stanno  cercando di alleggerire i tetti dalla neve.
 Nel comune di Lavizzara, alcuni abitanti hanno chiesto aiuto alle autorità. "Si tratta di agricoltori , conferma il sindaco Michele Rotanzi , cittadini che hanno edifici con tetti piatti. Il disagio riguarda in particolare le case nuove".
La molta neve depositata sui bordi dei tetti delle case di tanto in tanto si stacca di colpo e precipita per strada ed è molto rischiosa.
(Fonte: meteoportaleitalia)

giovedì 13 febbraio 2014

Incredibile! Il Canyon della Neve!

Pensate che in questi giorni in Italia sia caduta tanta neve? Guardate cosa può succedere quando l'inverno ed il luogo sono quelli "giusti"......

Naturalmente non siamo in Italia, anche se nelle scorse annate alcune zone alpine ci sono andate vicine. Qui siamo in Giappone. Pensate nel bel mezzo dell'oceano Pacifico, dove si alzano dal mare imponenti catene montuose di origine vulcanica che superano abbondantemente perfino le quote alpine.
Qui però non siamo propriamente in alta montagna anche se di montagne si tratta: si di montagne di neve. Sicuramente gli operatori alla guida delle lame sgombraneve hanno il lavoro assicurato in inverni come questi. La località si trova nella prefettura di Toyama e quello che vedete è lo Yuki-no-Otani Snow Canyon.
Si, un vero  e proprio canyon nella neve, meta che è diventata anche una attrazione turistica, soprattutto per chi ama l'inverno. Gustatevi anche il video che documenta il difficile lavoro degli operatori sgombraneve.




(fonte: meteolive.leonardo.it)