I cambiamenti climatici stanno mettendo in ginocchio l’Alaska: oltre all’accellerato scioglimento dei ghiacciai, il territorio è sempre più colpito da incendi di gravi dimensioni. L’Alaska si sta sciogliendo e sta bruciando sotto gli occhi di tutti.
Il riscaldamento globale sta lentamente ed inesorabilmente modificando l’Alaska ed il Presidente Obama, che si è recato nello stato americano la scorsa settimana, per tre giorni ha parlato durante la Conferenza sul Cambiamento climatico, riconoscendo che il problema non può più essere ignorato. Lì, e nella parte sub- artica dello Stato, si stanno vedendo i danni causati dal riscaldamento – danno che è stato evidente per gli scienziati per anni, che per anni hanno cercato di destare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica circa il problema, ma che, è stato ignorato per troppo tempo. Oggi, gli effetti si fanno sentire e vedere, e non possono essere più ignorati.
Più di 3,5 miliardi di tonnellate di acqua si sono sciolte dai ghiacciai dell’Alaska dal 1959, come dimostrano gli studi di monitoraggio: quantità di acqua che, per intenderci, è sufficiente a riempire più di 1 miliardo di piscine olimpioniche.
Il ghiaccio marino che fino al 1970 abbracciava interamente le coste sta diminuendo a vista d’occhio e questa realtà sta mettendo in crisi tutte le comunità ed i villaggi che sorgono proprio nelle zone costiere. Infatti, il ghiaccio lungo tutto i territori, tendeva ad avere una funzione di cuscinetto fra il territorio e l’oceano: il ghiaccio, proteggeva i paesi ed i villaggi dalle tempeste, facilitando inoltre le attività di caccia. Il Corpo degli Ingegneri dell’Esercito ha individuato 26 villaggi dove l’erosione, legata a perdita di ghiaccio del mare minaccia l’esistenza stessa delle comunità. Il permafrost, sciogliendosi ad una velocità accellerata rispetto alla norma a causa del surriscaldamento delle temperature, causa il trasudamento della terra sottostante che è resa sempre più fragile e dunque causa problemi alle strade, alle costruzioni, ed alle fondamenta delle abitazioni che iniziano a cedere costringendo alcune persone ad abbandonare le loro abitazioni per trasferirsi in zone più dell’entroterra dove il fenomeno ancora, non è così evidente.
Il ghiaccio marino che fino al 1970 abbracciava interamente le coste sta diminuendo a vista d’occhio e questa realtà sta mettendo in crisi tutte le comunità ed i villaggi che sorgono proprio nelle zone costiere. Infatti, il ghiaccio lungo tutto i territori, tendeva ad avere una funzione di cuscinetto fra il territorio e l’oceano: il ghiaccio, proteggeva i paesi ed i villaggi dalle tempeste, facilitando inoltre le attività di caccia. Il Corpo degli Ingegneri dell’Esercito ha individuato 26 villaggi dove l’erosione, legata a perdita di ghiaccio del mare minaccia l’esistenza stessa delle comunità. Il permafrost, sciogliendosi ad una velocità accellerata rispetto alla norma a causa del surriscaldamento delle temperature, causa il trasudamento della terra sottostante che è resa sempre più fragile e dunque causa problemi alle strade, alle costruzioni, ed alle fondamenta delle abitazioni che iniziano a cedere costringendo alcune persone ad abbandonare le loro abitazioni per trasferirsi in zone più dell’entroterra dove il fenomeno ancora, non è così evidente.
Ma il pericolo non si ferma qui, perchè purtroppo gli effetti si scatenano in modo concatenato: nel Barrow, ad esempio, la temperature del terreno ha già raggiunto i 7 gradi Faherenheit (4 gradi Celsius). E gli scienziati temono che il disgelo del permafrost scatenerà grandi quantità di gas serra intrappolati e quindi, alimentando ulteriormente il riscaldamento globale.
Ed inoltre, anche le fiamme minacciano sempre più lo stato: dal momento in cui l’Alaska è diventata parte degli Usa, più di 5,1 milioni di acri di territorio (ossia circa 2,06 milioni di ettari), un’area delle dimensioni del Connecticut e del Rhode Island – sono state distrutte dagli incendi. E solo negli ultimi 10 anni sono stati in media 1,2 milioni di acri ( 490.000 ettari). “L’Alaskasta cambiando, e cambia rapidamente“, ha dichiarato Fran Ulmer, presidente del U.S. Arctic Research Commission dell’Alaska. Gli scienziati sono convinti del fatto che quello che sta accadendo in Alaska, sia lo scioglimento del Permafrost, sia gli incendi, sono fenomeni anomali tutti imputabili ad un’unica causa, l’aumento delle temperature.
La temperatura media annua dell’Alaska ha registrato uno sbalzo di circa 3.3 gradi F dal 1959: l’anno scorso è stato il più caldo mai registrato e finora, anche questo 2015 si prospetta drammatico sotto questo punto di vista, che di questo passo tenderà a battere anche il record dell’anno scorso. Seppur i cambiamenti sono monitorati in Alaska, gli esperti, ci tengono a sottolineare che la problematica non deve essere considerata solo e limitatamente all’Alaska: infatti, i cambiamenti si riverbereranno in tutto il resto degli USa. Basta già osservare quello che è successo lo scorso inverno: i cambiamenti climatici dell’Artico hanno provocato il temuto vortice polare che ha colpito gran parte degli Stati del Nord America, con un calo delle temperature che hanno sfiorato il clima polare, ha fatto presente Martin Jeffries, uno scienziato dell’U.S. Office of Naval Research.
Dal 1959 al 1993 i ghiacciai dell’Alaska hanno perso 57 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, ma il dato più preoccupante è che dal 1994 ad oggi invece, i ghiacciai hanno perso ben 83 miliardi di tonnellate. Regine Hock, esperta glaciologa dell’Alaska Fairbanks, concorda che tutti questi effetti sono imputabili e strettamente connessi al cambiamento climatico. L’Alaska dunque si sciogli e brucia, sotto le fiamme dei sempre “più numerosi, e gravi incendi” ha dichiarato il professore emerito di di Ecologia forestale dell’Università Fairbanks of Alaska Glenn Juday.
Il riscaldamento costante ha portato a nuovi focolai di insetti e parassiti che attaccano la tipica vegetazione artica dell’Alaska. Uno dei principali problemi è il parassita che colpisce l’ abete rosso, che prospera in condizioni più calde. Entro il 2006, ricognizioni aeree avevano fotografato un’immagine allarmante delle zone boschive, i parassiti avevano ucciso milioni di abeti bianchi a causa degli inverni sempre più miti ed estati sempre più calde che non sono il tipico habitat di questo tipo di vegetazione. Ed anche la fauna accusa i colpi dei cambiamenti in atto: uno degli esempi eclatanti è quello dell’uria nera, un uccello che abitualmente depone le sue uova alla fine di Giugno, a nord delle isole Cooper.
Ed inoltre, anche le fiamme minacciano sempre più lo stato: dal momento in cui l’Alaska è diventata parte degli Usa, più di 5,1 milioni di acri di territorio (ossia circa 2,06 milioni di ettari), un’area delle dimensioni del Connecticut e del Rhode Island – sono state distrutte dagli incendi. E solo negli ultimi 10 anni sono stati in media 1,2 milioni di acri ( 490.000 ettari). “L’Alaskasta cambiando, e cambia rapidamente“, ha dichiarato Fran Ulmer, presidente del U.S. Arctic Research Commission dell’Alaska. Gli scienziati sono convinti del fatto che quello che sta accadendo in Alaska, sia lo scioglimento del Permafrost, sia gli incendi, sono fenomeni anomali tutti imputabili ad un’unica causa, l’aumento delle temperature.
La temperatura media annua dell’Alaska ha registrato uno sbalzo di circa 3.3 gradi F dal 1959: l’anno scorso è stato il più caldo mai registrato e finora, anche questo 2015 si prospetta drammatico sotto questo punto di vista, che di questo passo tenderà a battere anche il record dell’anno scorso. Seppur i cambiamenti sono monitorati in Alaska, gli esperti, ci tengono a sottolineare che la problematica non deve essere considerata solo e limitatamente all’Alaska: infatti, i cambiamenti si riverbereranno in tutto il resto degli USa. Basta già osservare quello che è successo lo scorso inverno: i cambiamenti climatici dell’Artico hanno provocato il temuto vortice polare che ha colpito gran parte degli Stati del Nord America, con un calo delle temperature che hanno sfiorato il clima polare, ha fatto presente Martin Jeffries, uno scienziato dell’U.S. Office of Naval Research.
Dal 1959 al 1993 i ghiacciai dell’Alaska hanno perso 57 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, ma il dato più preoccupante è che dal 1994 ad oggi invece, i ghiacciai hanno perso ben 83 miliardi di tonnellate. Regine Hock, esperta glaciologa dell’Alaska Fairbanks, concorda che tutti questi effetti sono imputabili e strettamente connessi al cambiamento climatico. L’Alaska dunque si sciogli e brucia, sotto le fiamme dei sempre “più numerosi, e gravi incendi” ha dichiarato il professore emerito di di Ecologia forestale dell’Università Fairbanks of Alaska Glenn Juday.
Il riscaldamento costante ha portato a nuovi focolai di insetti e parassiti che attaccano la tipica vegetazione artica dell’Alaska. Uno dei principali problemi è il parassita che colpisce l’ abete rosso, che prospera in condizioni più calde. Entro il 2006, ricognizioni aeree avevano fotografato un’immagine allarmante delle zone boschive, i parassiti avevano ucciso milioni di abeti bianchi a causa degli inverni sempre più miti ed estati sempre più calde che non sono il tipico habitat di questo tipo di vegetazione. Ed anche la fauna accusa i colpi dei cambiamenti in atto: uno degli esempi eclatanti è quello dell’uria nera, un uccello che abitualmente depone le sue uova alla fine di Giugno, a nord delle isole Cooper.
Nel 1970, deponevano le uova intorno al 25 giungo, negli ultimi 5 anni la media della deposizione delle uova è stata intorno al 15 giungo e quest’anno, è stato l’anno più drammatico perchè hanno deposto le prime uova solo l’8 giungo, cioè quasi un mese prima rispetto alle naturali abitudini della specie. Questo, secondo gli esperti, suggerisce che anche gli animali, si stanno forzatamente adattando al cambiamento delle temperature e lo fanno per sopravvivere dinnanzi ai continui cambiamenti climatici ed ambientali che li circondano. Anche il salmone rosa, i cigni trombetta e i caribù. Ed questo “spostamento di abitudini degli animali” è un serio rischio per la loro sopravvivenza perchè, ad esempio, i cuccioli di caribù tendono a nascere prima della maturazione delle piante di cui gli stessi si nutrono e questo non significa altro che carestia e mancanza di cibo per i piccoli bisognosi di nutrimento.
Fonte: meteoweb