Il weekend appena trascorso è stato caratterizzato anche dall’irrompere di forti e burrascosi venti di libeccio e ponente che hanno sferzato buona parte delle nostre regioni, assumendo carattere di vera e propria tempesta, con valori ben oltre forza 8-9 nella scala Beaufort (quella che misura l’intensità del vento in base ai km/h e ai nodi). In alcune aree, specie fra le coste liguri, la Toscana, il Lazio, la Sardegna, la Campania, la Calabria e la Venezia Giulia, il vento è stato cosi furioso da far registrare raffiche ben oltre i 90-100 km/h a bassa quota, nei punti maggiormente esposti. Localmente, a causa dell’incanalamento orografico e della disposizione delle isobare quasi in parallelo con l’orientamento delle principali vallate, le raffiche di caduta dalle vette dell’Appennino superano picchi di oltre i 90-100 km/h.
Se già nei bassi strati, al di sotto dei 400-500 metri di altezza, si sono oltrepassati, agevolmente, i
120-130 km/h, in quota, lungo i principali valichi appenninici, come sulle creste alpine, le raffiche di picco sono divenute davvero estreme, con punte ben oltre i
140-150 km/h nelle aree del crinale dell’Appennino centro-meridionale. Le raffiche più violente, nella nottata fra venerdì 20 e sabato 21 Novembre 2015, si sono avute fra l’Arcipelago Toscano e la costa livornese, dove si sono registrate raffiche davvero violente, come i
150 km/h archiviati dalla stazione meteorologica automatica dell’isola della Gorgona o gli oltre
100 km/h lambiti sul litorale livornese, nella fase più estrema della forte burrasca da O-SO proveniente dalla Corsica.
Ma le raffiche di vento più intense, ancora una volta, hanno riguardato proprio le stazioni appenniniche, ubicate non lontano dal crinale, dove spesso la forte ventilazione proveniente dal quadrante sud-occidentale viene fortemente amplificata dalla locale orografia. La massima raffica di picco registrata sul territorio nazionale (fra le stazioni gestite dall’
Aeronautica Militare), durante la libecciata, si è verificata nella stazione meteorologica di Latronico, nel cuore della Basilicata, dove è stato misurato un picco estremo di ben
78 nodi da SO. Parliamo di una raffica di ben
145 km/h da Sud, una delle più forti registrate negli ultimi anni registrate in Italia dalla rete delle stazioni automatiche in gestione all’
Aeronautica Militare.
Questa stazione è famosa per le furiose raffiche che si attivano ogni qual volta che un impetuoso flusso libecciale dal basso Tirreno si intrufola all’interno delle vallate dell’Appennino Lucano. Oltre ai
145 km/hdi Latronico, fra le stazioni meteorologiche ufficiali gestite dall’
Aeronautica Militare, vanno citati pure i
75 nodi da SO, circa
141 km/h, lambiti dalla stazione meteorologica di Campobasso. Il dato di Campobasso, davvero notevole ma non particolarmente eccezionale, mette in evidenza la particolare esposizione della città abruzzese alle sfuriate del “garbino” (noto anche come il “foehn” appenninico per le sue peculiari caratteristiche) che scende a gran velocità dai declivi dell’Appennino. Bisogna mettere in evidenza anche alcuni aspetti orografici per capire perché quasi sempre, lungo il versante sottovento dell’Appennino, quando si attivano i flussi libecciali (molto forti nella libera atmosfera), si registrano raffiche di vento di tale entità.
Campobasso così come Frontone e altre importanti cittadine di Marche, Abruzzo e Molise, trovandosi ai piedi del crinale appenninico durante le burrasche di libeccio, tende ad essere investita dalle forti e turbolenti raffiche di caduta in discesa dai crinali e dalle creste più alte dell’Appennino. Queste, dopo aver scavalcato il crinale, nella fase di discesa sul versante sottovento tendono a raffozzarsi sensibilmente, arrivando sul sottostante fondovalle, con fortissime e turbolenti raffiche da Sud, le quali con grande facilità possono oltrepassare i
100-120 km/h. In presenza di impetuose libecciate in quota (soprattutto a 850 hpa e 700 hpa), sui crinali appenninici si possono innescare dei deflussi d’aria particolarmente forti, in grado di attivare violente raffiche di caduta, che esacerbate dall’
”effetto di caduta” e dall’incanalamento orografico nelle principali vallate, possono toccare velocità veramente estreme, fino a
140-150 km/h, ma localmente si può agevolmente oltrepassare tale soglia senza alcun problema.
A livello del mare, invece, fra i dati più rilevanti spiccano i
52 nodi, ossia ben
96 km/h da O-SO, raggiunti dalla stazione meteorologica di Ponza, durante la fase clou della libecciata, quando l’intera costa laziale e campana era letteralmente spazzata da vere e proprie bufere da O-SO. I venti molto forti, da SO o O-SO, sono stati pilotati verso la penisola italiana e i mari limitrofi dallo sviluppo, sottovento alla catena alpina, di un profondo minimo depressionario “derivato” a carattere freddo, con un minimo al suolo posizionato a ridosso dell’Appennino Tosco-Emiliano, sceso al di sotto dei
986 hpa. L’isolamento di una circolazione depressionaria così profonda, con un minimo barico sui
986 hpa, ha prodotto un sensibile infittimento di isobare fra le Alpi e la Sicilia, con un
“gradiente barico orizzontale” di oltre
25 hpa fra la pianura Padana e il Canale di Sicilia. Il notevole
“gradiente barico orizzontale” (differenza di pressione) che si è determinato è stato ulteriormente esaltato dalle Alpi e dalla presenza a sud.
Questo fitto
“gradiente barico orizzontale” che si è venuto a realizzare, acuito ulteriormente dalla spinta di masse d’aria sempre più fredde, di origini polari marittime, in sfondamento dal Rodano, che a loro volta hanno prodotto un aumento della pressione barometrica fra la Spagna e il mare delle Baleari, ha agevolato l’innesco di una impetuosa ventilazione da O-SO e SO, che dal Golfo del Leone e dal mar di Corsica e dal mar di Sardegna, attraverso le Bocche di Bonifacio, si è estesa velocemente a tutto il Tirreno, fino alle coste di Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Basilicata, tramite un intenso libeccio che ha attraversato tutto il Tirreno, fino alle coste della Toscana, Lazio, Campania, Basilicata e Calabria tirrenica.
I venti più forti, a partire dalla nottata fra venerdì 20 e sabato 21 Novembre 2015, hanno sferzato dapprima la Corsica, con raffiche da O-SO che hanno raggiunto l’intensità di uragano sulle coste settentrionali della Corsica, per propagarsi all’Arcipelago Toscano e alle coste della Toscana e del Lazio, con forti burrasche da SO e O-SO. La libecciata ha cominciato a frustare per bene nella mattinata di sabato 21 Novembre 2015, con venti intensi che si sono concentrati sulla Toscana, Lazio, le coste della Campania e la Calabria tirrenica, dove localmente si sono toccati i
90-100 km/h.
Parte di questi intensi venti di libeccio, dopo aver sferzato le coste di Toscana, Lazio e Campania si sono propagati verso l’entroterra scavalcando molto velocemente le creste dell’Appennino e scivolando sotto furiose raffiche di “garbino” lungo le coste adriatiche (versante sottovento), tra Molise, Basilicata orientale e Puglia, con picchi capaci di superare la soglia degli
80-90 km/h lungo l’uscita delle principali vallate appenniniche. I forti venti di libeccio, soffiando lungo tutto il Tirreno, hanno sollevato anche un imponente moto ondoso, con onde di
“mare vivo” alte anche più di
4.0-5.0 metri. La presenza di un buon
“Fetch” (lo spazio di mare su cui soffia il vento), esteso dal mar di Corsica a tutto il bacino tirrenico, ha determinato lo sviluppo di onde lunghe e ben formate che si sono rapidamente dirette in direzione delle coste di Toscana, Campania e del Lazio. Queste ondate hanno attivato anche poderose mareggiate, specie lungo le coste della Versilia e sul litorale del pisano e livornese, che hanno purtroppo arrecato anche dei danni nei tratti soggetti al fenomeno dell’erosione.
Il clou delle mareggiate si è raggiunto in serata lungo le coste della Campania e della Calabria tirrenica, dove si sono attivate imponenti onde lunghe, alte fino a
4.0 metri, che hanno provocato danni e disagi sui centri abitati limitrofi al mare. Nel corso della nottata fra sabato 21 e domenica 22 Novembre 2015, con lo spostamento della libecciata verso lo Ionio e il Golfo di Taranto, il moto ondoso è aumentato in modo drastico pure sull’alto Ionio, che da molto mosso è divenuto rapidamente agitato in serata, con onde alte fino a più di
2.5-3.0 metri. Queste ondate, nel corso della nottata successiva, si sono spinte verso le coste del Salento, causando su queste mareggiate di debole e moderata intensità nei tratti maggiormente aperti a sud-ovest. Specie sul litorale leccese.
Fonte: meteoweb