Un sisma magnitudo 6.1 (dati EMSC) si è verificato al largo di Creta, Grecia, alle ore 20:07 (ora italiana) con ipocentro a 48 km, ed epicentro ad una cinquantina di chilometri ad est della zona in cui sono in contatto le zolle tettoniche africana ed euriasiatica. Il terremoto è stato rilevato a 109 km est da Agios Nikolaos, Grecia. La popolazione di Creta ha nettamente avvertito la scossa ma non si hanno al momento notizie di danni o feriti.
L’evento ha rispolverato le paure di tsunami nel mar Mediterraneo
Un team di ricercatori europei ha realizzato negli scorsi anni una mappa del rischio tsunami in tutta Europa, utilizzando testimonianze storiche prese da libri e cronache antiche. Da questa mappa emerge un quadro preoccupante: ad essere maggiormente esposte sono le coste della Grecia e quelle dell’Italia, specialmente quelle calabro- siciliane, colpite in passato dal maggior numero di maremoti. Sono esposti al rischio anche i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente che si affacciano sul Mediterraneo, oltre alle coste del Portogallo e della Spagna meridionale, sia quelle atlantiche che quelle mediterranee.
La maggior parte dei maremoti si verifica a seguito di scosse sismiche molto potenti che avvengono al di sotto di fondali marini profondi. Queste caratteristiche sono presenti in tutto il settore meridionale del Mediterraneo fino all’Atlantico, dove le profondità del fondale sono alte e dove la placca tettonica africana “si scontra” con quella europea creando quindi una zona altamente sismica.
Uno dei maremoti più distruttivi avvenuti nel Mediterraneo ha avuto luogo nel mar Egeo. Nel 1303 un forte terremoto verificatosi a largo di Creta generò enormi onde che oltre a colpire l’isola greca investirono le coste del Medio Oriente facendo gravi danni. Un altro fra i maremoti più distruttivi avvenuti nell’area europea fu quello che nel 1755 colpì le coste atlantiche del Portogallo e della Spagna del sud, devastando la città diLisbona e facendo decine di migliaia di mortiin moltissime altre città e paesi situati sulla costa. A produrlo fu un violento terremoto verificatosi nell’Oceano Atlantico. Più recentemente altri maremoti, anche se per fortuna di più modesta entità, hanno colpito le coste greche (nel 1956 al largo dell’isola di Amorgos) e quelle dell’Algeria (nel 2003), facendo danni ma per fortuna poche vittime.
A provocare i maremoti però non sono soltanto le scosse sismiche. Alcuni dei maremoti più disastrosi che hanno colpito le coste mediterranee sono stati prodotti infatti da frane o esplosioni vulcaniche sottomarine. Intorno al 1600 a.C. ad esempio, l’esplosione e il successivo collasso del vulcano Santorini, nel Mar Egeo, provocò uno tsunami con onde che raggiunsero decine di metri di altezza investendo e devastando tutte le coste del Mediterraneo orientale. Sarebbe stato proprio questo evento distruttivo, secondo alcune teorie, a causare l’improvvisa scomparsa della civiltà Minoica a Creta.
Anche il 28 dicembre 1908, in seguito al fortissimo terremoto che sconvolse Messina e Reggio Calabria, ci fu un maremoto. Le onde però non furono provocate dal violentissimo sisma bensì da una enorme frana sottomarina staccatasi a causa delle scosse. Alle migliaia di morti rimasti schiacciati dalle macerie, si aggiunsero quelli causati dall’arrivo dello tsunami, che raggiunse altezze di 13 metri sulle coste calabre. Il bilancio finale fu di oltre centomila morti. Il 6 febbraio 1783, nella stessa zona, era avvenuto un fatto simile: a Scilla, a seguito di un forte terremoto, si staccò una enorme frana che produsse onde anomale alte fino a 9 metri. I morti furono millecinquecento.
Anche nel 2002 ci fu un evento del genere a Stromboli, quando un’ enorme frana si staccò dal versante del vulcano precipitando in mare: l’onda anomala prodotto dallo spostamento dell’acqua investì il porto facendo molti danni e alcune abitazioni furono distrutte. Gli abitanti riuscirono a salvarsi.
Altri tsunami in Italia sono avvenuti nei secoli passati nel Gargano, in Liguria, nelle Marche. Il lavoro di ricostruzione di questi eventi è stato fatto da una equipe di ricercatori italiani che sono risaliti indietro nel tempo attraverso documenti storici, creando una mappa delle zone colpite. In queste zone ci si deve aspettare nel futuro nuovi eventi, e prepararsi per prevenire i danni.
A destare preoccupazione non sono soltanto i terremoti sottomarini, ma anche frane sottomarine o esplosioni vulcaniche, tutti eventi molto probabili al largo delle nostre coste. Nel Tirreno meridionale sono infatti presenti numerosi vulcani sottomarini, come il Marsili, una cui eruzione potrebbe innescare frane e conseguentemente causare onde anomale. Desta inoltre preoccupazione la zona dell’Etna, dove già in passato si sono verificate mega-frane sottomarine: un gruppo di geologi ha scoperto che ottomila anni fa una enorme frana si staccò dal fianco orientale del vulcano siciliano producendo uno tsunami enorme che colpì buona parte del bacino Mediterraneo.
Di fronte a questo diffuso rischio però, quali sono le misure di salvaguardia per la popolazione? Purtroppo né in Italia né negli altri Paesi europei è presente un sistema di allerta come quello presente nell’Oceano Pacifico. Si è visto recentemente come il Cile sia ben preparato all’eventualità dell’arrivo di onde di maremoto, ed anche il Giappone ha un sistema altamente collaudato di allerta (anche se la vastità dello tsunami dell’11 marzo 2011 superò ogni aspettativa).
La prevenzione, che da noi è già assai carente sul piano della pericolosità sismica, diventa nulla quando si parla di rischio tsunami. Soltanto a Stromboli è presente un sistema di allerta, installato dopo l’evento del 2002. Assai carente è anche l’informazione data alla popolazione. Sarebbe invece fondamentale educare chi vive sulle coste a convivere con il rischio. Tutte le popolazioni prossime al mare in aree a rischio dovrebbero sapere che in seguito a forti scosse devono allontanarsi immediatamente dalla spiaggia e cercare zone rialzate. Inoltre tutti dovrebbero imparare a leggere alcuni segni, come l’improvviso ritiro delle acque dalla spiaggia: un forte ritiro delle acque del mare indica l’imminente arrivo di un’onda anomala, e dev’essere perciò il segnale di allarme per andare a rifugiarsi in zone più alte.
Fonte: meteoweb