Diverse città croate della costa adriatica, nella giornata di ieri, hanno visto un ingrossamento del mare sino a 2 metri. Il livello marino è aumentato bruscamente alle 8:30 ora locale (stesso fuso orario della nostra penisola) e anche se l’acqua non è riuscita ad invadere le abitazioni, ha causato molteplici danni alle imbarcazioni. Fortunatamente si è trattato di un evento diurno. La popolazione ne ha intuito la dinamica e ha reagito prontamente, evacuando le aree prettamente costiere. Il mare ha invaso strade e spiagge per circa 3 ore, per poi ritirarsi coma una normale bassa marea. L’evento, non associabile ad eventi tellurici, frane sottomarine, vulcani o meteoriti, è invece stato causato da eventi meteorologici. Sono gli ormai noti meteo-tsunami, le onde di ultima generazione, causate da variazioni repentine di pressione atmosferica su aree relativamente piccole. Tali fenomeni, più frequenti di quanto si pensi, prendono anche il nome di tsunami meteorologici. Una definizione accettata da gran parte dei ricercatori.
COME SI FORMANO – Fondamentale è il passaggio di grandi turbolenze, associate ad onde atmosferiche di gravità che si trasmettono nei medi e bassi strati della troposfera. Senza queste particolari “disturbance” atmosferiche il fenomeno non potrà mai formarsi e svilupparsi. Sovente queste grandi turbolenze atmosferiche sono indotte da consistenti perturbazioni annesse a linee di groppi temporaleschi, fronti freddi e sistemi convettivi che esplodono rapidamente nella media-bassa troposfera producendo brusche variazioni della pressione atmosferica in mare aperto o in mezzo all’oceano. Questi repentini sbalzi di pressione spesso riescono a generare delle cosiddette “
onde barotropiche” le quali, attraverso complessi meccanismi di risonanza, trasmettono l’energia dall’atmosfera al mare. Anche se l’onda può essere alta soltanto 20 cm, essa sarà difficilmente visibile al momento della creazione; con l’arrivo nei pressi della costa, successivamente, crescerà rapidamente in altezza, andando a mietere danni e persino la perdita di vite umane. In circostanze normali, l’ampiezza del disturbo atmosferico è inferiore a
1 hPa, mentre in casi estremi può essere superiore a
10 hPa. Nella giornata di ieri le stazioni meteorologiche Crometeo a
Korčula, hanno misurato forti disturbi atmosferici provocati dai cumulonembi a sud dell’isola omonima. A
Vela Luka, la pressione atmosferica è salita di quasi
4 ettopascal (hPa) in soli 20 minuti. Dai
1007,8 hPa registrati alle 08:22, ai
1011,2 hParegistrati alle 08:42.
Per ottimizzare questo passaggio, è necessario che la velocità di propagazione del fronte atmosferico sia analoga a quella di spostamento del moto ondoso che tende a distendersi verso le aree costiere, esaltando ulteriormente il fenomeno. Inoltre si devono avere dei venti molto forti nell’alta troposfera, quasi sempre da sud ovest (dove si inseriscono le onde gravitazionali), davanti a una profonda depressione in spostamento da ovest ad est.
Nei bassi strati invece le correnti devono rimanere piuttosto deboli, favorendo l’avvento delle turbolenze nella bassa troposfera. A questo punto entrano in gioco la batimetria e la morfologia della costa: laddove i fondali marini si impennano bruscamente e il litorale è costituito da baie strette e lunghe (in gergo scientifico significa “alto fattore Q”), si ha ulteriore risonanza e l’onda si espande, diventando minacciosa e distruttiva. Effetti ancora più dannosi si esplicano quando la direzione di propagazione della “disturbance” atmosferica è coincidente con la direzione di allungamento della baia: più le due direzioni sono equivalenti, più forte è il fenomeno. Dunque, un insieme concomitante di parecchi fattori: da qui la rarità dell’evento e la difficoltà di identificazione. Anche perché gli effetti e le caratteristiche di sviluppo dei meteotsunami sono del tutto simili a quelli degli tsunami propriamente detti: i periodi delle onde e le proprietà dinamiche sono sostanzialmente uguali; molte volte si assiste al ritiro del mare, fino a lasciare scoperto il fondale, prima del loro arrivo violento sulla costa. Da questo si evince come, pur differenziandosi per l’origine con i maremoti più tipici, meritino l’appellativo di meteotsunami: vediamo quali sono i luoghi del mondo dove si esplicano con maggiore frequenza.
I METEO-TSUNAMI IN ITALIA – Nel nostro paese la zona dove il fenomeno è più comune è la
Sicilia, in particolare il trapanese e Mazara del Vallo il cui porto, associato al fiume Mazaro, possiede un alto “fattore Q”: qui si verifica spesso, praticamente ogni anno, il cosiddetto
Marrobbio. E’ originato da un forte squilibrio di pressione o da un forte vento trasversale, come un intenso Libeccio o un impetuoso vento di Ponente (meglio un O-SO), che batte la parte più alta del Canale di Sicilia, determinando un brusco innalzamento del livello delle acque lungo la riva siciliana e un contemporaneo abbassamento sulla riva opposta tunisina. Quando il vento si attenua, cessata l’azione perturbatrice, la massa d’acqua, prima di assestarsi, subisce una serie di grandi oscillazioni stazionarie che possono raggiungere altezze considerevoli, al punto da innescare grandi ondate che vanno ad abbattersi di colpo lungo la costa, con il rischio di inondazioni e allagamenti pure lungo le zone più ridossate. Spesso, a seguito del “marrobbio” a Mazara del Vallo le barche in porto vengono sbattute e le infrastrutture subiscono danni più o meno ingenti, con onde che raggiungono altezze anche superiori al metro. Dunque, anche nel nostro paese esistono meteotsunami.
I PRECEDENTI IN ADRIATICO – L’Adriatico, guarda caso, sembra mare privilegiato per i meteotsunami che vi si esplicano con regolarità e violenza. In particolare sulla costa dalmata, in
Croazia, il fenomeno è noto e ben studiato grazie ad un team di scienziati tra cui spicca l’oceanografo
Ivica Vilibic, particolarmente attivo negli ultimi anni. Come già descritto in un altro articolo, il meteotsunami più noto dell’Adriatico si sviluppò nel 1978 a Vela Luka, con onde alte fino a sei metri e interessò pure le nostre coste, da
Giulianova a
Bari. Il 27 Giugno 2003 invece tocca a
Stari Grad e
Mali Ston, due cittadine dalmate poste alla fine di una baia allungata in direzione NordOvest-SudEst, con onde che raggiungono i 3 metri di altezza: si segnalano danni a diversi negozi ed infrastrutture sul litorale. Il 22 Agosto 2007 analogo fenomeno si registra a
Siroka Bay, sull’isola di Ist, con onde di 4 metri e parecchi danni sui viali a mare ed a barche ormeggiate: da segnalare la particolarità che il mare dapprima si ritira, lasciando praticamente asciutto il porto. Il 15 Agosto 2008, in piena stagione turistica, è la volta di
Mali Losinj, con onde di 2 metri. Infine l’ultimo episodio registrato è del 19 Febbraio 2010, ancora a
Stari Graddove viene allagato il viale a mare, con alcune auto e container trascinati dalla furia delle acque. Dunque il litorale della Dalmazia sembra particolarmente soggetto a questi fenomeni che, se violenti come nel 1978, possono svilupparsi eventualmente pure sul nostro lato dell’Adriatico, sia pure in maniera più limitata.