Come da previsione il versante orientale (adriatico) dell’Appennino è tornato a fare il pieno di neve fresca fin dalle basse quote, tanto che fra Marche, Abruzzo e Molise, sopra i 1000-1200 metri di quota sopra il livello del mare, si registrano accumuli “nivometrici” davvero impressionanti, di oltre 2-3 metri nei punti meglio esposti alle correnti fredde nord-orientali. Sull’entroterra abruzzese e molisano le persistenti nevicate causate dal “forcing” orografico (effetto “stau”) ai forti venti di bora in uscita dai valichi delle Alpi Dinariche hanno sommerso di neve fresca interi borghi e paesi, con accumuli superiori ai 2 metri.
Del resto si è venuta a creare la tipica configurazione barica invernale responsabile delle grandi nevicate che si abbattono lungo tutta la dorsale appenninica. Lo sviluppo della profonda ciclogenesi a carattere freddo sul medio-basso Tirreno, ubicata lungo il margine sud-orientale dell’imponente promontorio anticiclonico delle Azzorre, disteso con i propri elementi più orientali verso le Isole Britanniche e la Francia, ha generato un intenso “gradiente barico orizzontale”che si è chiuso fra l’Italia centrale e le Alpi. Questo fitto reticolo di isobare, frutto della contrapposizione fra la depressione extratropicale sul medio Tirreno e il robusto anticiclone dinamico oceanico posizionato con massimi di1042 hpa a ridosso della Normandia, ulteriormente compresso dal “tilting” verso levante dello stesso anticiclone oceanico, ha richiamato direttamente dalla regione carpatico-danubiana diversi impulsi di aria molto fredda, di origine polare marittima continentalizzata, che dopo essersi “canalizzati” negli “intagli” naturali delle Alpi Dinariche si sono rapidamente diretti verso le nostre regioni centro-settentrionali, sotto forma di intensi venti di bora e grecale (sulle zone appenniniche prende il nome di “buriana”).
I freddi venti da NE, dopo aver attraversato velocemente l’Adriatico, impattando contro l’Appennino Tosco-Emiliano, Marchigiano, Abruzzese e Molisano vengono costretti a risalire i pendii dei rilievi dell’Appennino Marchigiano, Abruzzese, molisano e del Gargano. Raggiunta una certa altezza la massa d’aria fredda si satura, condensandosi in imponenti annuvolamenti orografici (composti prevalentemente da fiocchi di neve) che danno origine a persistenti nevicate di debole e moderata intensità sull’entroterra di Marche, Abruzzo, Molise. A contatto con i primi contrafforti montuosi dell’Appennino l’aria fredda viene costretta a salire in modo brusco verso l’alto, favorendo lo sviluppo di una consistente nuvolosità orografica da “stau” che a sua volta dà la stura a persistenti nevicate, fino a quote collinari. In questo caso il massiccio effetto “stau” esercitato dai monti di Marche, Abruzzo e Molise, ai venti da NE e N-NE, ha formato una densa coltre nuvolosa che ha dispensato persistenti nevicate sulle aree interne delle medesime regioni. Il forte “gradiente barico orizzontale” che si è creato, lungo il bordo settentrionale della ciclogenesi isolatasi sul basso Tirreno, ha trasformato le nevicate in autentiche tempeste di neve che hanno colpito l’entroterra montuoso marchigiano, abruzzese e molisano, con fiocchi letteralmente polverizzati dalle furiose raffiche da NE, che hanno superato i 100 km/h nelle aree montuose.
L’effetto combinato fra persistenti nevicate e bufere di vento ha poi favorito la formazione di veri e propri muri di neve nelle zone un po’ più ridossate. Già in alcune zone montuose dell’entroterra abruzzese, sotto il versante orientale del Gran Sasso, e molisano, la coltre bianca supera di molto i 2-3 metri, con boschi e campagne, in particolare fra l’aquilano, il chietino e il teramano, letteralmente sommersi. In qualche caso, come nel paese di Capracotta, in provincia di Isernia, l’abbondantissima nevicata andata avanti per oltre 24 ore ha depositato sul terreno oltre 2 metri di neve fresca, tanto da sommergere strade e pianterreni delle abitazioni. Cumuli di neve abbondantissimi destinati a resistere per settimane su gran parte della dorsale appenninica. Sul versante orientale del Gran Sasso, completamente sepolto da metrate di neve fresca, così come sui principali comprensori montuosi di Marche e Molise, nei prossimi giorni diverrà elevato anche il rischio di valanghe, indotte dal mancato assestamento del manto nevoso e dall’effetto eolico che rischia di creare importanti sovraccarichi in prossimità delle creste (“neve ventata”) con elevata probabilità di distacchi di masse nevose verso il fondovalle al primo rialzo termico.
Fonte: meteoweb